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2. La ricerca sugli orti

L’alta Valle della Salandrella costituisce un’area ideale la ricerca sulla biodiversità domesticata. In primo luogo perché, in quanto un bacino fluviale, costituisce una unità ecogeografica ma soprattutto perché in un breve raggio si verifica la transizione tra i due principali quadri territoriali della Basilicata - la media Montagna appenninica e la Marina- all’interno del quale è possibile osservare le diverse forme sociali di rapporto tra le comunità rurali e le loro risorse. La ricerca si è svolta nei comuni di Accettura, Oliveto Lucano, Garaguso e San Mauro Forte e si è articolata intorno a quattro domande:

> quali e quante risorse genetiche locali (animali e vegetali) vengono conservate, al fine di pervenire ad una misurazione della ricchezza biologica dei siti rilevati,
> come vengono conservate le risorse, e quindi la varietà delle tecniche adottate,
> chi conserva e, quindi, il profilo sociale delle famiglie custodi, caratterizzate sia dal punto di vista del ciclo di vita, sia sotto il profilo della centralità dell’attività agricola come fonte di reddito e di occupazione
> il mutamento, inteso sia come il recupero della memoria di piante e animali che sono ormai estinti o che sono a rischio di estinzione e le condizioni che possono consentire in futuro la conservazione dell’esistente.
In definitiva le quattro domande rappresentano la scomposizione di un unico oggetto di ricerca: come si sta modificando il rapporto tra l’uomo e le risorse primarie (animali e vegetali) del suo territorio.
Una volta definita l’area di indagine, l’investigazione si è sviluppata lungo due linee convergenti di rilevazione: gli orti e le aziende agricole.

La prima linea, orientata alle risorse genetiche vegetali, è stata direttamente funzionale al primo obiettivo dell’indagine: pervenire ad una prima e molto parziale misurazione della ricchezza biologica del territorio. Seguendo il bacino della Salandrella i corsisti di METACULTURA, sotto il coordinamento di Antolella Corleto, esperta di monitoraggio della biodiversità dello Spin off Accademico (ABD Monitorig), hanno individuato e quindi rilevato le specie vegetali presenti in unità di indagine (i siti rilevati) costituiti da una area circolare di circa 200mt di raggio e individuata per la presenza di orti familiari.

La ricerca, quindi, è partita dal cosa, per risalire al chi e al come. La seconda linea di ricerca ha avuto come oggetto le aziende agricole. In questo caso il criterio guida è stato di tipo socio-economico: abbiamo cercato chi fossero gli agricoltori custodi razze locali di piante ed animali, per poi risalire al quanto, al come e al mutamento.

Per rintracciare ed intervistare gli agricoltori preziosa è stata la collaborazione di molti attori locali e l’esperienza nella ricerca economico-agraria di Maura Labbate, anche lei della ABD Monitoring. La visita alle aziende agricole, che non ha previsto il coinvolgimento dei corsisti, ci ha però consentito di rilevare anche gli orti familiari che vi sono inclusi e che costituiscono l’anello di congiunzione tra le due linee di ricerca.
L’orto è un ottimo posto dove cercare biodiversità domesticata, non solo perché all’interno di una minima superficie si verifica la coesistenza di numerose specie e varietà di piante (e più raramente anche l’allevamento dei piccoli animali di bassa corte) ma anche perché l’orto è il luogo della produzione esclusivamente destinata all’autoconsumo. L’orto ha, quindi, qualche possibilità di essere sfuggito alla pressione del mercato e all’omologazione che esso induce negli stili alimentari delle famiglie così come nelle tecniche di produzione degli alimenti.

La minima scala di coltivazione e "il farlo per sé" rende più facile il reimpiego (o lo scambio con altre famiglie) della semente prodotta l’anno precedente o la riproduzione per talea di fruttiferi e altre piante (alimentari e officinali) autoctone. Anche il tempo di lavoro dedicato a curare l’orto si sottrae ad una valutazione di efficienza produttiva, rispondendo piuttosto ad un criterio di efficacia, per il quale è importante la bontà del risultato rispetto all’obiettivo ricercato e non rispetto ai mezzi impiegati (il tempo di lavoro, appunto).

E la bontà del risultato è anche il poter disporre di frutti e ortaggi "come non se ne trovano più".
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Nella coltivazione dell’orto, sotto una apparente omogeneità dettata da alcune condizioni generali - la presenza dell’acqua e i vincoli climatici che determinano la vegetazione delle piante - si esprime dunque una certa diversità nelle tecniche colturali impiegate da ciascun proprietario. Il saper fare contestuale che li accomuna, in quanto specifico del territorio, non esclude la creatività dei singoli ed anzi si evolve grazie ad essa: in tal modo la tradizione non rimane prigioniera della fissità della consuetudine.

E’ dunque negli orti che è più probabile rintracciare il filo della co-evoluzione tra il nucleo elementare della comunità -la famiglia - e le risorse locali. Andando per orti i Corsisti di Metacultura hanno quindi rilevato delle unità territoriali per poi risalire alle unità sociali che su di esse. I ferri del mestiere sono stati:

> il GPS (Global Position System) per la localizzazione satellitare, necessaria per la restituizione cartografica dei siti rilevati e un questionario appositamente predisposto, attraverso il quale sono state raccolte le informazioni relative alle piante e alle caratteristiche delle famiglie (foto 1);
> gli strumenti di documentazione: una macchina fotografica e dei sacchetti per la raccolta di campioni (quando possibile) di piante, semi o frutti, necessaria alla loro identificazione tassonomica (foto 2);
> molta disponibilità all’ascolto di quanto l’evoluzione della famiglia stia cambiando la conoscenza delle piante a cominciare dalla conoscenza dei loro nomi (foto 3);
> il sistematico confronto all’interno del gruppo, per la verifica delle informazioni da inserire nel database (foto 4).

Indagine sul campo

In attesa di poter disporre della completa elaborazione dei dati quantitativi raccolti, è possibile sintetizzare alcune informazioni qualitative emerse dall’indagine di campo. Nelle considerazioni che seguono sono compresi elementi acquisiti anche durante le interviste alle aziende agricole. Nel complesso ci riferiamo ad un campione di 30 interviste sufficientemente complete ed attendibili.

Al centro della ricerca, come abbiamo più volte ribadito, è stata l’individuazione della quantità e delle varietà di piante coltivate, con particolare attenzione a raccogliere il maggiore numero di indizi che ci portassero sulle tracce di varietà locali o antiche. Per giungere a tali indizi, che solo una caratterizzazione genetica in laboratorio può trasformare in prove, è stato necessario seguire vie traverse.
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