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Chiesa Santa Lucia

La chiesa di Santa Lucia si trova in Contrada Giaconelli di Melfi, nel cuore di un bosco di castagni, ai piedi di una rupe. Anticipata da un avancorpo costruito, la cripta, scavata nel tufo vulcanico, rappresenta la parte terminale dell’attuale cappella agreste. La facciata è di forma irregolare con tetto a doppio spiovente su cui si eleva un campanile a vela. Un ampio portale, leggermente decentrato sulla sinistra, è sormontato da una finestra di forma rettangolare.

L’interno si presenta con un’unica navata. Entrando, a destra, è presente un’antica acquasantiera in pietra. Sul fondo è appoggiato l’altare, ormai in disuso, su cui campeggia un unico affresco raffigurante la Vergine col Bimbo sulle ginocchia in atto benedicente e, in un altro riquadro laterale, S. Lucia anch’essa benedicente con il palmo della mano rivolto verso chi guarda.

Sul lato della Santa vi è poi un pannello didascalico con nove scene rappresentative della storia e del martirio della Santa. Gli affreschi risalgono alla fine del XIII sec. (1292) e ripropongono i temi figurativi di una cultura angioina, chiaramente miniaturistica e divulgativa.
  • Cripta di Santa Lucia - Melfi (PZ)
  • Cripta di Santa Lucia - Melfi (PZ)
  • Cripta di Santa Lucia - Melfi (PZ)
  • Cripta di Santa Lucia - Melfi (PZ)
  • Cripta di Santa Lucia - Melfi (PZ)
  • Cripta di Santa Lucia - Melfi (PZ)
Viene scoperta nel 1897 da Emile Bertaux che, senza alcun riferimento allo stile del dipinto, la descrive così "Una grotta è chiamata dai contadini la Giaconella: sul tufo del fondo si scorgono ancora dei frammenti delle pitture con scene della vita di Santa Lucia, che si possono attribuire al 1200, nel mezzo, la Madonna e Santa Lucia ridipinte nel 1873, Dio sa con quali colori".

Molto più recentemente è stato sciolto il dubbio circa la datazione del dipinto, infatti, inizialmente veniva interpretata come 1192, collocando il dipinto in area bizantineggiante. Successivamente, anche a seguito di valutazioni sulle storie della vita e del martirio della Santa, caratterizzate da "elementi di una pittura che narra i fatti e non presenta i protagonisti della pia storia” e, quindi, lontani dalle forme greco-italiote e più vicini all’area francese da cui i Normanni condussero i loro modelli nell’Italia Meridionale, la studiosa Pia Vivarelli, nel 1972, riporta la datazione del dipinto al 1292.

L’affresco, sia pure con notevoli alterazioni dei ritocchi, si presenta in discreto stato di conservazione e denuncia gli interventi di restauro più o meno recenti. Tutto l’affresco comunque risente delle infiltrazioni alimentate dalle acque superficiali disperse provenienti dalla collina sovrastante.

Per il progetto di recupero, dopo le necessarie indagini conoscitive, si è provveduto a seguire opere di difesa dall’umidità, la messa in sicurezza del sito, il restauro architettonico della parte edificata, il restauro dell’affresco. E’ stato inoltre realizzato un impianto di illuminazione con l’impiego di fibre ottiche

La chiesa sarà aperta alla pubblica fruizione con un nuovo sistema di visita entro la fine del 2011.

Testo a cura della Fondazione Zétema - Matera
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