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Scuola di Teatro Naturale

La nostra ricerca teatrale da diversi anni persegue una strada i cui paesaggi ci invitano alla sosta e alla contemplazione.

Il nostro sguardo verso il corpo di quello che non sappiamo più definire "attore" , in questo luogo che non sappiamo più definire "teatro", si è concentrato su quella parte solo apparentemente invisibile che sappiamo ancora definire "anima".

Grazie al "teatro" ci siamo persuasi che ogni essere vivente, come ogni cosa, come ogni luogo in questo mondo ha un’anima. Su questa, svelando e adoperando i suoi complessi linguaggi comunicativi, continuiamo a concentrare la nostra attenzione.
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Pur riconoscendo la diversità e la molteplicità di queste anime, sentiamo (e abbiamo già verificato nella pratica) che in ciascuna di esse vi è una voce comune, unica e muta che esprime solitudine. Questo sentirsi sola testimonia la mancanza di qualcosa che un tempo era condivisa nell’esistere "sociale", forse un’origine, un’autentica, pura comunione. Questa solitudine si annulla in particolari condizioni e luoghi: luoghi interni, luoghi esterni, non luoghi, tutti presenti nel ’teatro’. Nella pratica teatrale che perseguiamo da circa quattro anni, da quando abbiamo istituito la Scuola di Teatro Naturale, ci siamo dedicati a "persone", vale a dire a non attori.

Abbiamo lavorato con loro attraverso allestimenti di spazio, tutti diversi per ciascun giorno di lavoro, concepiti per accogliere anime inconsapevolmente desiderose di ricordare quel tempo e di riproporlo nell’incontro con gli altri.

Noi, che ci definiamo maestri invisibili, siamo stati provocatori e testimoni di un’evoluzione sorprendente: una danza di anime pure, un susseguirsi di azioni che sarebbe fuorviante e riduttivo definire "improvvisazioni", ma che ricordano rituali antichi, pur non tradendo la contemporaneità, l’essere qui ora.

Gli allievi persone danno luogo spontaneamente ad azioni performative di toccante bellezza, lasciando libero il corpo di raccontare l’anima. Gli esperimenti di visibilità pubblica da noi effettuati su alcuni "testimoni", i non più definibili spettatori, hanno rafforzato in noi la convinzione che questo modo, questa pratica teatrale sia oggi davvero necessaria e meritevole di essere conosciuta e vissuta da quante più persone possibili, in quanti più luoghi possibili.

Non ci sono parole per descrivere: ecco così la quasi totale assenza di parole che garantisce ovunque, in qualsiasi paese del mondo, la praticabilità operativa del progetto. Paradossalmente, ma neanche tanto, tutto questo nuovo movimento prende le mosse e trae costantemente nutrimento da due "fonti" ricchissime di linguaggio, di "parole": la letteratura e la musica. Due anni fa chiedemmo con fervore ad Elio Vittorini di svelarci i segreti della sua opera "Uomini e No": per un mese tutto il gruppo dei maestri invisibili lo hanno letto insieme, analizzato, studiato... alla fine è stato naturale ritrovarsi a parlare attraverso le sue parole del nostro pensiero di ’amore’, di liberarlo e di riconoscerlo come un pensiero unico, condivisibile ma non con le parole.

Stessa cosa è avvenuta per la musica (elemento imprescindibile del nostro lavoro): anche qui abbiamo chiesto - questa volta è un grande musicista jazz - a John Coltrane il permesso di addentrarci nella sua unicità, a partire dalla sua opera ’A love supreme’. Coltrane, come Charlie Parker, Billie Holiday, Maria Callas, ci ha aiutato molto: da questo incontro abbiamo strutturato un laboratorio "per corpi suonati" che si snoda secondo le nostre consuete modalità metodologiche e con le stesse finalità: riconoscere l’anima come un anima unica e sorridere di questa ’riconoscenza’ tra le persone.

Grazie a tutti questi maestri, e ai segreti che siamo riusciti a svelare, giungiamo a Fernando Pessoa: incontro folgorante, come se tutto il nostro lavoro in lui, nella sua opera, convergesse come in un delta di fiume. Giovanna, maestro invisibile, dopo averlo studiato per due anni e cercato nelle vie di Lisbona, ci "passa" le sue "finestre", i suoi ’paesaggi dell’anima, i suoi misteriosi ed emozionanti ’eteronimi’.

Questa è la nostra storia recente ed il nostro presente da condividere con chi vorrà iscriversi alla nostra Scuola di Teatro Naturale.

Massimo Lanzetta

La Scuola del Teatro dei Sassi è sempre stato un luogo aperto, una casa speciale dove incontrarsi, conoscere altre persone, artisti di teatro, uomini di cultura, attraverso la frequentazione degli incontri e dei corsi, ma anche davanti a un piatto di spaghetti cucinato nella foresteria della nostra ex Scuola Materna.
Una Scuola "primaria", anche nella sua struttura architettonica, fisica: due aule simmetriche, i bagni, la cucina, e il cortile esterno dove costruire, dove mostrare, dove sporcarsi. Nella cucina del Teatro dei Sassi si mangia tutti insieme, così come avviene nel Teatro Naturale: una scuola dove tutti concorrono al nutrimento, a procurare cibo per tutti.

Ma il cibo, nel Teatro, sono gli attori, siamo noi, quindi dobbiamo imparare a diventare pane ed essere mangiati.
E non un pane qualsiasi. Le due stanze della Scuola di Teatro Naturale sono piene di luce: sono il luogo dove allenarsi ai percorsi: cura e conoscenza del corpo, Teatro Naturale. Il nostro movimento, l’agire insieme, l’uso degli strumenti del teatro e l’esperienza dei Maestri Invisibili le trasformano sempre. L’impasto continuo di questi elementi determina il piano annuale di studi.

Nel bagno poi c’è: lo specchio, l’acqua e la chiave dietro la porta. Solo qui puoi stare solo, ma non più di cinque minuti.
A chi ci rivolgiamo? Bambini, studenti, adulti
Nuova struttura della scuola
A che serve il Teatro?
A dare un punto di vista diverso sulle cose Svuotare la testa e metterci altre cose.
Se il mondo va in un’altra direzione e alcuni non si riconoscono nella direzione del mondo il teatro ci avvicina ad un’essenza più pura verso le persone.
Prima pensavo che il Teatro fosse necessario fino a un certo punto.
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