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Oliveto Lucano

Oliveto Lucano è un comune in provincia di Matera situato su una piccola altura circondata da piantagioni di olivo, in un territorio ricco di boschi di cerri e querce di alto fusto
Il territorio di Oliveto Lucano fa parte del Parco Naturale di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane. Il piccolo centro sorge alle falde del monte la Croccia, in posizione panoramica sulla valle del torrente Fiumara, affluente del fiume Salandrella.
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Camminando nel centro storico, tra vecchie case, stretti vicoli e ripide scale il visitatore può rivivere la vita e le abitudini dei tempi remoti, godendo appieno dell’ospitalità tipica degli abitanti di questo meraviglioso angolo della Lucania o rimanere incuriosito nell’osservare antichi portoni in legno finemente intarsiati e lavorati posti all’ingresso di abitazioni e cantine, ben conservati e sopravvissuti al progresso delle saracinesche. La loro straordinaria bellezza è la preziosa testimonianza di una tradizione ormai scomparsa ma che resta viva nel ricordo di coloro che l’hanno conosciuta. Queste porte sono state costruite tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 da artigiani locali detti Maestri d’Ascia su commissione di persone, spesso di alto rango visto anche il prezzo per ciascun portale che si aggirava tra le 50 e le 150 lire (valore dell’epoca). La loro realizzazione richiedeva un lungo ed accurato procedimento di fabbricazione dalla scelta del legno, spesso di farna perchè resistente all’acqua e all’umidità, ai ritocchi finali potevano passare fino a 20 giorni e soprattutto esigeva una perizia e una particolare competenza da parte dell’artigiano. Le porte assumevano le forme più fantasiose in base anche alla volontà del committente. Come serratura di sicurezza, i portoni venivano muniti di un lucchetto particolare, fatto anch’esso artigianalmente e chiamato nel dialetto locale “il cardo”, fissato alle due ante delle porte con due chiavistelli, in cui si inseriva la chiave.
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Alla sommità del paese si erge la cinquecentesca chiesa madre intitolata a Maria SS. Delle Grazie con impianto basilicale romanico a tre navate. Il documento più antico che ne attesta la costruzione è il verbale della visita pastorale effettuata nel 1588 dall’allora vescovo di Tricarico, Giovanni Battista Santonio. Il corpo centrale, maggiore rispetto ai laterali, ha oggi un soffitto piatto al posto di quello originario a volta, frutto di una modifica effettuata nella metà del secolo scorso. Le navate laterali conservano il disegno originale a cupolette, quattro per parte, in corrispondenza delle cappelle e degli altari. La semplicità della facciata è interrotta da un elegante portale in pietra, affiancato da uno più piccolo sull’ala destra, e da due piccole monofore circolari alla sommità dei corpi laterali. L’abside conserva un altare sormontato da un tabernacolo in bronzo lavorato a cesello mentre sulla parete di fondo campeggia la tavola raffigurante la “Madonna delle Grazie e Santi” attribuita a Decio Tramontano, pittore orbitante nella cerchia dei napoletani, e datata al 1596. Il dipinto, racchiuso in una ricca cornice lignea dorata e policromata, alla cui base sono presenti due stemmi nobiliari, è arricchito in alto da una cimasa con Dio Benedicente ed in basso dalla predella raffigurante Gesù e gli Apostoli. Nella navata destra da segnalare un pregevole altare ligneo policromo del XVII secolo e la sovrastante statua lignea della “Madonna delle Grazie” datata al secolo XVIII. Nella navata sinistra sopra un meraviglioso altare decorato con bassorilievi in lamine di ottone, campeggia un crocifisso ligneo policromo di pregevole fattura del secolo XVIII. Degna di menzione è l’acquasantiera in pietra realizzata da scalpellini locali nel secolo XVIII.
Una fitta rete di sentieri collegano il piccolo borgo agli altri comuni dell’area protetta. Percorrere questi sentieri può soddisfare i gusti dei più esperti escursionisti ma anche degli amanti delle semplici passeggiate per vivere un contatto diretto con la natura incontaminata. Le stagioni ideali per visitare il Parco sono la primavera e l’autunno grazie al clima mite di queste zone, mentre l’estate può regalare la frescura dei boschi di cerri nelle parti alte del Parco.
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Da Oliveto Lucano parte una delle passeggiate più interessanti, perché unisce l’aspetto naturalistico a quello archeologico, quella che dal valico di Monte la Croccia conduce all’omonima riserva naturale antropologica posta ad un’altitudine di 1149 m. a cui si accede attraverso un sentiero pedonale. Il sentiero attraversa un bosco di farnetto con presenza di aceri e carpini e porta ai resti di un antico centro abitato fortificato, risalente al IV sec. a.C., che testimonia, unitamente ai resti di Serra di Vaglio, di Civita di Tricarico e di Torre di Satriano l’importanza del sistema difensivo lucano e deve essere attribuito all’opera ideatrice dell’arconte Nummelos. L’insediamento, che circoscrive un’area di circa 6 ettari, è racchiuso da un imponente sistema difensivo costituito da tre circuiti di mura, di cui quello meglio conservato circoscrive l’acropoli. La fortificazione dell’acropoli, che racchiude un’area di circa tre ettari, è realizzata a doppia cortina con un paramento esterno in blocchi perfettaente tagliati di pietra arenaria. In prossimità della porta principale alcuni blocchi riportano in greco i segni della cava di estrazione.
A pochi chilometri dal centro abitato, in località Piano di Campo, sorge una chiesetta di campagna del XVIII secolo. Il luogo di culto rappresenta una località amata e venerata dagli abitanti del posto, luogo della manifestazione religiosa e popolare che anima e scandisce i ritmi della loro vita, la festa della Madonna di Piano di Campo. La prima domenica di maggio si svolge la processione per il trasferimento della statua della Madonna che, custodita per tutto l’anno nella cappella di campagna, viene portata in paese dove resta per tutto il mese. L’evento è celebrato con festeggiamenti in piazza che si protraggono fino a tarda notte. La cappella, a navata unica con tetto leggermente voltato e con un portale in pietra calcarea del XX secolo, custodisce la scultura lignea policroma della Madonna di Piano di Campo del XIV secolo, raffigurante la Vergine seduta in trono che sorregge il Bambino sulla gamba sinistra. La statua è corredata da due angioletti reggicandela che l’accompagnano in processione. Sulla strada che dal centro abitato di Oliveto Lucano porta alla cappella sono alloggiati, ai margini della strada, diversi poggi in pietra calcarea sui quali in passato, quando la statua era portata a spalla, veniva poggiata la Madonna. Oggi questi altarini hanno perso la loro funzione originaria, perchè la statua viene trasportata su un carrello motorizzato, ma rimango lì come silienziosi testimoni di una religiosità popolare radicata e genuina a testimonianza della devozione di ricchi e poveri che per ringraziare la Protettrice, magari per una grazia ricevuta o per chiedere protezione, avevano eretto il poggio.

Il Maggio di Oliveto

Oliveto Lucano è teatro ogni anno di una delle feste popolari più coinvolgenti della regione, il Maggio dedicato a S. Cipriano, patrono del paese. L’antichissimo rito, di origine pagana, rappresenta un inno alla fertilità della terra attraverso l’unione nuziale fra due alberi, il fusto di un cerro cioè il Maggio e la cima di un agrifoglio, che si celebra il 10/11 e 12 agosto, ed esprime compiutamente la centralità dei culti arborei. Il trasporto processionale dei due alberi è sicuramente la fase più spettacolare e coinvolgente che permette alla folla di diventare parte integrante del rito e rimanda a quel legame indossolubile che lega il Oliveto Lucano al territorio circostante ed ai fitti boschi che lo rivestono.

Le Cente

Le “cente”, che svilano per le vie del paese precedendo il Santo durante le processioni, sono delle costruzioni di candele addobbate con nastri, fiori e spighe realizzate per devozione. Un tempo dopo la processione venivano smantellate e le candele erano utilizzate in Chiesa oggi, venuta meno questa funzione per l’introduzione di candele artificiali, chi costruisce una “centa” lo fa unicamente per devozione e per mantenere viva una tradizione molto radicata. La sua realizzazione richiede mani esperte e la collaborazione e il lavoro di diverse donne. La base di lavoro è un telaio di legno che viene ricoperto da fettucce di stoffa bianca e da candele tutt’intorno, abbellito alle etremità da fiori e spighe e da un’immagine del Santo a cui è dedicata. Generalmente la mattina della festa, prima dell’inizio delle celebrazioni liturgiche, vengono portate in Chiesa accompagnate dalla banda e dopo la Santa Messa aprono la processione portate sulla testa dalle donne del paese.
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